La parola smart è oggi tra le più in voga nel mondo del lavoro. Come spesso accade, si tratta di un prestito dalla lingua inglese. Nello specifico, si tratta di un aggettivo che può essere tradotto in rapido, veloce, abile, acuto, brillante, sveglio, intelligente, ma anche alla moda ed elegante (es: “a s. pupil” ovvero “un allievo sveglio”, o “a s. talker” , “un oratore brillante”).
Quando si usa l’espressione smart riferita ad una persona, si fa dunque riferimento alla sua intelligenza, unitamente ad una qual certa capacità e velocità di apprendimento e di risposta agli stimoli esterni. Oggi viviamo infatti in un mondo in continua evoluzione, in cui essere veloci nel recepire i cambiamenti, adeguandosi alle nuove realtà, è la chiave per divenire e restare competitivi nel mondo del lavoro o comunque, più in generale, al passo con i tempi. Essere smart non significa dunque solamente essere intelligente (nel senso che un alto QI di per sé non è un valido indicatore di “good thinking”), ma anche pronti, svegli, brillanti, reattivi: saper mostrare doti di adattamento, problem solving e rapido apprendimento.